La Santa Rosa fu inventata nel ‘600 nell’omonimo convento di Conca dei Marini, in provincia di Salerno e, mentre a Napoli si è trasformata nella ricetta della sfogliatella riccia, a Salerno e nelle zone della Costiera Amalfitana si è perfezionata sulla base della ricetta tradizionale.
Si narra che nel lontano 1700, a Conca dei Marini, nel monastero di Santa Rosa, le abili mani delle monache, erano solite preparare leccornie e dolcezze di ogni tipo. Vi era una severa autarchia in merito, per cui tutto ciò che si produceva, era frutto di ingredienti propri, lavorati solo ed unicamente da loro Un giorno, per l’esattezza nel giorno dedicato alla preparazione del pane, la monaca cuoca, ottima pasticciera, visti gli avanzi di impasto, decise di inventarsi qualcosa per non imbattersi in sprechi.
Decise così, di aggiungere qualche ingrediente in esubero in dispensa, ricorrendo soprattutto a quelli maggiormente prodotti nelle terre che loro stesse coltivavano, rinvigorisce il semplice impasto del pane con vino bianco e strutto, e preparò l’interno con frutta secca, liquore al limone (ovvero l’attuale limoncello) e zucchero.
Dopo aver dato all’impasto la forma di tanti piccoli “cappucci di suora”, li mise a cuocere in forno a legna.
Al dolce decisero appunto di dare il nome di “Santarosa” ( alcuni la chiamano anche “monachina”) proprio come la santa i cui il convento portava il nome, e in occasione della sua festa, all’epoca ricorreva il 30 Agosto (oggi viene celebrata il 23 dello stesso mese), venivano offerte le Santa Rosa a tutti gli abitanti di Conca dei Marini.
Oggi il ripieno è formato da semolino, ricotta, canditi, uova, aroma di cannella e zucchero; la sfoglia esterna, composta di farina, sale ed acqua lavorati a lungo per ottenere la giusta consistenza, si presenta riccia e guarnita con crema pasticciera e amarene sciroppate.
(vesuviolive.it/regionecampania.it)