Le chiacchiere sono un dolce tipico del periodo carnevalesco. La base è un impasto di farina, burro, zucchero, uova e una componente alcolica, come l’acquavite, il marsala, la sambuca, il vinsanto o la grappa. Successivamente l’impasto viene tagliato a strisce, talvolta manipolate poi a formare un nodo (in alcune zone prendono infatti il nome di fiocchetti). Possono essere sia fritte (come da tradizione) oppure cotte al forno.
Sono chiamate con nomi diversi a seconda delle regioni di provenienza: chiacchiere e lattughe in Lombardia e in buona parte dell’Italia centromeridionale, cenci e donzelle in Toscana, frappe e sfrappole in Emilia, cròstoli in Trentino, galani e gale in Veneto, bugie in Piemonte, meraviglias in Sardegna, ecc.. Sono un dolce molto friabile, ottenuto tirando sottilmente un semplice impasto successivamente fritto e cosparso di zucchero a velo per il tocco finale.
Sembra che la loro origine sia piuttosto antica, gli storici infatti le fanno risalire addirittura all’epoca romana, quando esistevano i cosiddetti frictilia, dolcetti a base di farina e uova fritti nel grasso di maiale. Il loro uso nel periodo carnevalesco probabilmente deriva dal fatto che i Romani preparavano questi dolcetti per i saturnalia, feste un po’ simili al nostro Carnevale, e allora come oggi, nelle feste bisognava cercare le soddisfazioni del palato…
Il sanguinaccio, diffuso essenzialmente nelle regioni meridionali dell’Italia, costituisce uno dei dolci tipici del periodo carnevalesco. Si tratta di una doppia crema al cioccolato fondente aromatizzata alla cannella, in cui intingere morbidi e leggerissimi savoiardi in alternativa alle croccanti chiacchiere, servita con cubetti di scorze di arancia candita e gocce di cioccolato.
Perché si chiama sanguinaccio? Per un semplice motivo: in passato alla base della preparazione di questo dolce si usava il sangue di maiale ma la vendita al pubblico del sangue di maiale è stata vietata per motivi sanitari nel 1992.
Il sangue di maiale doveva essere raccolto durante la macellazione e doveva essere continuamente mescolato per evitarne la coagulazione. Successivamente veniva filtratoprima di essere aggiunto alla crema di cacao cotta in pentoloni di rame su fuochi a legna. Alla crema di cacao si aggiungevano, poi, caffè, cacao, cannella, chiodi di garofano, uva passa e altre spezie oltre ad una buona quantità di zucchero per addolcire il tutto.
Il maiale, simbolo di questo rituale alimentare di origini antichissime, ha forti legami con la sfera del sacro: l’animale è, infatti, associato alla figura di Sant’ Antonio Abate, festeggiato il 17 Gennaio, giorno in cui comincia la vera e propria festa del carnevale. Il santo anacoreta, vissuto in Egitto a cavallo tra il III e il IV secolo, è sempre stato invocato per la guarigione dell’herpes zoster, il cosiddetto “fuoco di San’Antonio”, che in origine si curava con il grasso di maiale; per questo motivo, il santo è sempre raffigurato con un maiale accanto. Ma l’uso del sangue di porco per il dolce carnevalesco deriva anche dalla tradizione delle nostre campagne, dove l’uccisione dei maiali si è sempre collocata tra gennaio e febbraio, momenti in cui i contadini potevano finalmente godere di cibi prelibati, frutto della loro fatica.
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